Cambiare il mondo partendo dalle parole
È di pochi giorni fa la notizia del ritrovamento in Colombia del corpo senza vita di Mario Paciolla, collaboratore dell’ONU per il reinserimento sociale di ex guerriglieri Farc. Il pensiero di molti è andato a Giulio Regeni, sul decesso del quale, purtroppo, ancora non è stata fatta chiarezza. Altri hanno pensato a Silvia Romano, rapita in Kenya e liberata dopo mesi di detenzione. Altri ancora, andando più lontano nel tempo, hanno pensato a Ingrid Betancourt, rapita proprio dalle Farc nel 2002 e liberata nel 2008.
La narrazione che abbiamo delle loro vicende personali, limitatamente a questi episodi della loro vita, è spesso confusa, imprecisa. La cosa che salta subito agli occhi di chi lavora nel terzo settore è la superficialità con cui vengono utilizzati i termini “attivista” , “cooperante” e “volontario”. Vorremmo provare a fare chiarezza su alcune definizioni, affinché il dibattito intorno a vicende come quella di Silvia Romano o di Mario Paciolla, per esempio, sia il più possibile vicino alla realtà del loro ruolo nei territori in cui operavano. Per “attivista” s’intende chi opera attivamente per un’organizzazione, specialmente politica o sindacale, o anche chi sostiene l’attivismo come concezione etica. Un “volontario” è una persona che mette a disposizione di una causa il proprio tempo e le proprie competenze senza obbligazioni esterne, in maniera – appunto – volontaria. “Cooperante”, invece, è chi aderisce ad un’organizzazione che si occupa di cooperazione allo sviluppo. Parliamo, quindi, di profili diversi che posso in alcuni casi sovrapporsi.
Consapevoli del fatto che queste differenze non siano per forza immediatamente riconoscibili dai non addetti ai lavori, ci sembrava opportuno provare a dare il nostro contributo per una comprensione quanto più amplia possibile di termini utilizzati a volte a sproposito dai media. La questione non è meramente lessicale. Le parole veicolano dei concetti, delle idee. L’utilizzo errato di “volontario”, “cooperante” o “attivista” è causa di cattiva informazione nei confronti di chi, come dicevamo prima, non è un addetto ai lavori, ma legge i giornali o naviga su internet. Si ha tendenza a fare di tutt’erba un fascio quando, invece, le differenze sono importanti, in particolare tra “cooperante” e “volontario”.
Spesso, inoltre, si parla in maniera denigratoria di volontari, attivisti e cooperanti, come se fossero dei folli che dalla sera alla mattina decidono di partire all’altro capo del mondo per “aiutare” chi ne ha bisogno. Si tralascia di citare, consapevolmente o meno, tutta la preparazione che le organizzazioni serie mettono in campo, tutto il lavoro che c’è prima, durante e dopo un progetto, tutti i professionisti che sono impegnati quotidianamente per la riuscita di questi progetti.
Al di là delle divergenze, quello che sicuramente accomuna attivisti, volontari e cooperanti è l’impegno nella società civile e la volontà a voler cambiare le cose. Questo impegno e questa volontà hanno portato Mario, Silvia, Giulio e tanti – tanti! – altri ad andare al di fuori della propria zona di confort, a rischiare per qualcosa in cui credevano, a perseguire un obiettivo, certo ambizioso, che è quello della giustizia sociale e della vera uguaglianza tra gli esseri umani. Il nostro pensiero va a chi non è più con noi, perché caparbiamente ha provato e ha rischiato, e a chi caparbiamente può ancora provare e rischiare, e riuscire.
Nota: per le definizioni ref. Dizionario della lingua italiana Treccani; Dizionario della lingua italiana De Mauro